Laura Zizzi. Diana e Cleopatra in Piazza Maggiore
La bellezza non è solo una questione di gusto; è una dimensione estetica e morale, dalla quale l’uomo, per essere tale, non può, e non deve, prescindere. I greci parlavano di “bello e buono”, ovvero dell’ideale di perfezione umana cui tendere, dove il bello è associato alla morale. La società moderna, industriale e materialista, sembra tuttavia aver preferito il suo contrario, il brutto (connesso al male), quello quotidiano, che ci sta attorno, ben espresso in campo artistico dalle discutibili creazioni di “star” milionarie come l’americano Jeff Koons e il britannico Damien Hirst. Oggi più che mai, la frase profetica “la bellezza salverà il mondo” pronunciata dal principe Miškin nell’Idiota di Dostoevskij viene ad assumere così una connotazione estetica e culturale ancora più profonda. Ma quale bellezza salverà il mondo? Quella dell’arte? Quella emanata dai “sacri” legni bruciati e pezzi di metallo assemblati dai maestri dell’arte povera? O quella immaginata da pittori e scultori “perbenisti” che sostengono che l’arte debba per forza assomigliare alla realtà?
Non v’è dubbio che noi vediamo ciò che sappiamo. Per vedere è necessario che i nostri occhi, come per una improvvisa agnizione, incontrino qualcosa che è già dentro di noi. E’ un meccanismo che si aziona soltanto quando ogni cosa è pre-meditata (e la bellezza sembra esserlo). Così, anche davanti a un’opera d’arte – sia essa una composizione letteraria, musicale, di forme o di colori, sia essa antica o moderna – dobbiamo essere pre-disposti da una serie di segnali e suggestioni.Non contaminate dal potere dell’ovvio, le sculture in bronzo della giovane artista bolognese Laura Zizzi, allieva del Maestro Nicola Zamboni, ci forniscono gli stimoli per vedere con rinnovato interesse l’arte antica, la quale, rimanendo tra noi (a differenza di quella dei nostri giorni, finita di recente, dal Museion di Bolzano, addirittura nel pattume), è contemporanea. E’ contemporanea, nonché innata nell’uomo, la superbia che anima Diana, immortalata nel momento in cui punta l’indice contro Atteone, reo di averla spiata durante il bagno con le ninfe. L’uomo, esperto cacciatore, è solamente evocato dal gesto della dea che, per punirlo della sua impudicizia, lo trasformerà in un cervo. Percorsa da brivido di eccitazione, la maliziosa e risoluta Diana, con la mano sul seno, ci riporta a Bernini a Moreau a Rodin e a Bistolfi, alti modelli che Laura Zizzi, con appassionata sensibilità scevra da banali intenti citazionistici, ricupera e mantiene vivi attraverso la sua consapevole ricerca ed efficace padronanza della bella forma. Di forme belle, piene e seducenti, è il corpo svelato della sua regina d’Egitto Cleopatra che, perduto l’amato Antonio, si abbandona alla morte guidando il serpente sul suo seno. E’ un suicidio d’amore, assolutamente contemporaneo, ma ben più sofisticato e dignitoso, nel mito, di quelli raccontati oggi sulle pagine della cronaca nera. E’ la disperazione umana che si trasforma in sollievo, in piacere, lo stesso, al limite dell’estasi, che, a metà del Seicento, scuote le membra delle discinte figure femminili di uno dei più affascinanti maestri del barocco europeo, il romagnolo Guido Cagnacci. Come quest’ultimo geniale artista, Laura Zizzi nelle sue mitiche figure in bronzo ricerca e consegue l’armonico accordo di vigore naturalistico del corpo, intensità dell’affetto e concretezza dell’azione. Noi, al loro cospetto, ci riabituiamo ad incontrare e a comprendere la bellezza.
Pietro Di Natale